Tutto comincia da qui
Alex compirà tre anni a gennaio. È affetto da X-linked ReticulatePigmentary Disorder with Sistematic Manifestations... Solo il nome fa paura! Troppo lungo da pronunciare, troppo complicato da spiegare.
Che Alex avesse qualcosa l'ho sempre saputo. Sono quelle "strane sensazioni", quelle "strane vocine" che solo le mamme avvertono e che sono impossibili da spiegare. Ci sono, e basta.
Ero alla mia seconda gravidanza, non si poteva quindi certo dire che io fossi alle prime armi. Ma con lui mi pareva d'essere una principiante ed avevo paura. La mia prima prova, la mia prima conferma che qualcosa non andava per il verso giusto l'ho avuta con l'allattamento.
Che fatica, che dolore! Appena cominciava a succhiare iniziava a contorcersi. Finché, stremato, non si addormentava. E nel dormiveglia finiva la sua poppata. Tutti dicevano che ero io con le mie ansie, con le mie paure, a farlo stare così. Il mio senso di colpa aumentava quindi di giorno in giorno. All'età di due mesi lo ricoverarono per un'infezione respiratoria. Durante quella degenza Alex continuò a manifestare il suo disagio e la sua sofferenza. Io ponevo mille domande a chi avrebbe dovuto rassicurarmi, ma la risposta era sempre la stessa: "il problema ero io". La situazione si faceva sempre più frustante e deprimente. Al termine della degenza speravo che, tornando a casa, le cose sarebbero migliorate. E invece dopo due settimane Alex fu nuovamente ricoverato per broncopolmonite bilaterale. Gli fecero tanti esami, poche cure, e poi ritornammo a casa. I disturbi purtroppo continuarono e Alex passò da un medico all'altro, da un esame all'altro. Ma lo sguardo dei medici era sempre lo stesso: scettico, stupito. Per loro era il bimbo più sano del mondo.
Per evitare quello sguardo, imparai a nascondere le mie sensazioni e le mie paure. Questo mi fece sentire sempre più sola, ma in compenso mi risparmiò il fastidio e l'umiliazione di essere sempre trattata come una mamma paranoica.
Con il tempo imparai ad osservare mio figlio e capii che era infastidito dalla luce, soprattutto dalla luce del sole. Mi accorsi che in casa, con la luce soffusa, stava meglio. Inoltre sudava poco. O meglio, sudava solo dalla testa, e quindi il caldo lo tollerava poco e male. Fu così che mi ritrovai a portarlo fuori meno di giorno e di più la sera. Intanto Alex era quasi arrivato a sei mesi, e proprio quando pensavo di aver superato la fase critica, quella "strana sensazione" tornò a farsi sentire, e questa volta era più forte, più insistente.
E così, senza alcun motivo apparente, mi ritrovai a "sorvegliare" il mio bambino. Il suo sguardo era spento, il suo colorito pallido, il suo peso in calo. Ma il momento peggiore era la notte: mi ritrovavo a vegliarlo, con la paura di non vederlo diventare grande. Ricominciò il pellegrinaggio dai pediatri, ma la risposta era sempre la stessa: il problema di Alex ero io. Feci tutto quello che via via mi veniva chiesto di fare, ma con scarsi risultati.
Finché un giorno la situazione degenerò. Ormai Alex non mangiava e non beveva da giorni, vomitava e il suo pianto era inconsolabile. E così ci fu l'ennesima corsa in ospedale, il ricovero. E dopo un'attesa di dieci ore, durante le quali vedevo progressivamente spegnersi il mio bambino, arrivò un pediatra che prese in mano la situazione. Rapidamente fece i prelievi del sangue, e poi il responso: Alex andava trasferito d'urgenza in terapia intensiva, perché i suoi valori ematici erano incompatibili con la vita.
Ma allora le mie ansie, le mie paure, lo stress... non erano solo mie fantasie!
Mentre il medico organizzava il trasferimento, Alex entrò in coma. Credo che quello sia stato il momento più drammatico della mia vita: la corsa in ospedale con l'ambulanza, e poi il vuoto.
Mi lasciarono quattro ore ad aspettare, e furono quattro ore di angoscia senza fine. Quando finalmente me lo fecero vedere, non lo riconobbi. Era intubato, gonfio, macchinari ovunque. Ed io mi domandavo quello che si domandano tutte le mamme in una situazione del genere: perché a me? Perché a noi?
Per un mese Alex fu sottoposto a visite, esami, test. Ed infine arrivò la diagnosi: "Deficit di ACTH". Si tratta di una malattia rara, ma che con le dovute precauzioni e la giusta terapia consente una vita normale.
Alex fu sottoposto a diciotto mesi di terapia, ma purtroppo senza alcun risultato. Non era cambiato nulla. E dopo innumerevoli corse al pronto soccorso e innumerevoli ricoveri, decisi di rivolgermi altrove. I miei dubbi furono confermati e si procedette alla sospensione graduale della terapia, dimostrando che la diagnosi di "Deficit di ACTH" era errata.
Proprio quando pensavo di aver raggiunto un "mio"equilibrio dovetti ricominciare tutto da capo. Nuovi esami, nuove visite, nuovi test, tante ipotesi e poche certezze. La pelle di Alex era cambiata: si era scurita, era secca e presentava tante macchioline bianche. Vedevo barcollare i medici e in me andava crescendo la paura che qualche malattia grave minacciasse la vita ed il futuro del mio bambino. E con la paura aumentava il mio senso di impotenza.
E infine...
In un centro di dermogenesi, l'incontro con uno specialista, non un semplice dermatologo. E finalmente un giorno la tanto attesa telefonata: "Sappiamo cosa ha Alex, sì suo figlio ha una malattia rara, forse lei ne è la portatrice sana".
Nella mia mente esplose un mix di emozioni: mi sentivo libera, le mie "sensazioni" erano giuste. Alex è il quinto caso in tutto il mondo, e l'unico in Italia.
La sua malattia si chiama: X-linked Reticulate Pigmentary Disorder with Sistematic Manifestations. Questa malattia oltre alla Fotofobia, al deficit della termoregolazione, all'iposudorazione, provoca anche ritardo della crescita, malattie renali, calcolosi, infezioni urinarie, infezioni respiratorie e disturbi gastrointestinali. Alex presenta gran parte di questi sintomi. Purtroppo al momento non ci sono altre notizie riguardo a questa malattia, e i referti medici scarseggiano.
Spero, raccontando la nostra storia, di poter aiutare altri bambini come il mio, altre mamme ed anche i pediatri.
Ma soprattutto spero di poter aiutare me! Potrà sembrare un'eresia, ma preferisco la donna "nuova"che sento di essere diventata a ciò che ero. E sono orgogliosa di me stessa per aver avuto il coraggio di raccontarmi. Sono più stanca, è vero. E forse qualche volta anche un pochino più triste. Ma sicuramente, molto più forte e coraggiosa.
È importante, molto importante, che le mamme nella mia condizione abbiano la forza di seguire le loro sensazioni, anche di fronte all'atteggiamento incredulo, a volte sprezzante di alcuni medici. Molti di loro tendono ad attribuire i problemi dei bambini alle paranoie delle mamme. Nel mio caso si è dimostrato che queste analisi psicologiche da quattro soldi rischiavano di provocare la morte del mio bambino. Se non fosse stato per la mia determinazione e per le mie insistenze, adesso Alex non sarebbe con noi.
Ed è importante, molto importante, che i medici abbiano sempre ben presente che la loro preparazione non può essere totale. C'è sempre qualche malattia che non conoscono, qualche sindrome rara o addirittura nuova, che se presa sotto gamba potrebbe comportare gravi problemi per un paziente che, secondo loro, ha solo il problema di una mamma un po' paranoica. Un po' di umiltà, la capacità di ascoltare e la voglia di studiare e di aggiornarsi possono salvare più di una vita.
Che Alex avesse qualcosa l'ho sempre saputo. Sono quelle "strane sensazioni", quelle "strane vocine" che solo le mamme avvertono e che sono impossibili da spiegare. Ci sono, e basta.
Ero alla mia seconda gravidanza, non si poteva quindi certo dire che io fossi alle prime armi. Ma con lui mi pareva d'essere una principiante ed avevo paura. La mia prima prova, la mia prima conferma che qualcosa non andava per il verso giusto l'ho avuta con l'allattamento.
Che fatica, che dolore! Appena cominciava a succhiare iniziava a contorcersi. Finché, stremato, non si addormentava. E nel dormiveglia finiva la sua poppata. Tutti dicevano che ero io con le mie ansie, con le mie paure, a farlo stare così. Il mio senso di colpa aumentava quindi di giorno in giorno. All'età di due mesi lo ricoverarono per un'infezione respiratoria. Durante quella degenza Alex continuò a manifestare il suo disagio e la sua sofferenza. Io ponevo mille domande a chi avrebbe dovuto rassicurarmi, ma la risposta era sempre la stessa: "il problema ero io". La situazione si faceva sempre più frustante e deprimente. Al termine della degenza speravo che, tornando a casa, le cose sarebbero migliorate. E invece dopo due settimane Alex fu nuovamente ricoverato per broncopolmonite bilaterale. Gli fecero tanti esami, poche cure, e poi ritornammo a casa. I disturbi purtroppo continuarono e Alex passò da un medico all'altro, da un esame all'altro. Ma lo sguardo dei medici era sempre lo stesso: scettico, stupito. Per loro era il bimbo più sano del mondo.
Per evitare quello sguardo, imparai a nascondere le mie sensazioni e le mie paure. Questo mi fece sentire sempre più sola, ma in compenso mi risparmiò il fastidio e l'umiliazione di essere sempre trattata come una mamma paranoica.
Con il tempo imparai ad osservare mio figlio e capii che era infastidito dalla luce, soprattutto dalla luce del sole. Mi accorsi che in casa, con la luce soffusa, stava meglio. Inoltre sudava poco. O meglio, sudava solo dalla testa, e quindi il caldo lo tollerava poco e male. Fu così che mi ritrovai a portarlo fuori meno di giorno e di più la sera. Intanto Alex era quasi arrivato a sei mesi, e proprio quando pensavo di aver superato la fase critica, quella "strana sensazione" tornò a farsi sentire, e questa volta era più forte, più insistente.
E così, senza alcun motivo apparente, mi ritrovai a "sorvegliare" il mio bambino. Il suo sguardo era spento, il suo colorito pallido, il suo peso in calo. Ma il momento peggiore era la notte: mi ritrovavo a vegliarlo, con la paura di non vederlo diventare grande. Ricominciò il pellegrinaggio dai pediatri, ma la risposta era sempre la stessa: il problema di Alex ero io. Feci tutto quello che via via mi veniva chiesto di fare, ma con scarsi risultati.
Finché un giorno la situazione degenerò. Ormai Alex non mangiava e non beveva da giorni, vomitava e il suo pianto era inconsolabile. E così ci fu l'ennesima corsa in ospedale, il ricovero. E dopo un'attesa di dieci ore, durante le quali vedevo progressivamente spegnersi il mio bambino, arrivò un pediatra che prese in mano la situazione. Rapidamente fece i prelievi del sangue, e poi il responso: Alex andava trasferito d'urgenza in terapia intensiva, perché i suoi valori ematici erano incompatibili con la vita.
Ma allora le mie ansie, le mie paure, lo stress... non erano solo mie fantasie!
Mentre il medico organizzava il trasferimento, Alex entrò in coma. Credo che quello sia stato il momento più drammatico della mia vita: la corsa in ospedale con l'ambulanza, e poi il vuoto.
Mi lasciarono quattro ore ad aspettare, e furono quattro ore di angoscia senza fine. Quando finalmente me lo fecero vedere, non lo riconobbi. Era intubato, gonfio, macchinari ovunque. Ed io mi domandavo quello che si domandano tutte le mamme in una situazione del genere: perché a me? Perché a noi?
Per un mese Alex fu sottoposto a visite, esami, test. Ed infine arrivò la diagnosi: "Deficit di ACTH". Si tratta di una malattia rara, ma che con le dovute precauzioni e la giusta terapia consente una vita normale.
Alex fu sottoposto a diciotto mesi di terapia, ma purtroppo senza alcun risultato. Non era cambiato nulla. E dopo innumerevoli corse al pronto soccorso e innumerevoli ricoveri, decisi di rivolgermi altrove. I miei dubbi furono confermati e si procedette alla sospensione graduale della terapia, dimostrando che la diagnosi di "Deficit di ACTH" era errata.
Proprio quando pensavo di aver raggiunto un "mio"equilibrio dovetti ricominciare tutto da capo. Nuovi esami, nuove visite, nuovi test, tante ipotesi e poche certezze. La pelle di Alex era cambiata: si era scurita, era secca e presentava tante macchioline bianche. Vedevo barcollare i medici e in me andava crescendo la paura che qualche malattia grave minacciasse la vita ed il futuro del mio bambino. E con la paura aumentava il mio senso di impotenza.
E infine...
In un centro di dermogenesi, l'incontro con uno specialista, non un semplice dermatologo. E finalmente un giorno la tanto attesa telefonata: "Sappiamo cosa ha Alex, sì suo figlio ha una malattia rara, forse lei ne è la portatrice sana".
Nella mia mente esplose un mix di emozioni: mi sentivo libera, le mie "sensazioni" erano giuste. Alex è il quinto caso in tutto il mondo, e l'unico in Italia.
La sua malattia si chiama: X-linked Reticulate Pigmentary Disorder with Sistematic Manifestations. Questa malattia oltre alla Fotofobia, al deficit della termoregolazione, all'iposudorazione, provoca anche ritardo della crescita, malattie renali, calcolosi, infezioni urinarie, infezioni respiratorie e disturbi gastrointestinali. Alex presenta gran parte di questi sintomi. Purtroppo al momento non ci sono altre notizie riguardo a questa malattia, e i referti medici scarseggiano.
Spero, raccontando la nostra storia, di poter aiutare altri bambini come il mio, altre mamme ed anche i pediatri.
Ma soprattutto spero di poter aiutare me! Potrà sembrare un'eresia, ma preferisco la donna "nuova"che sento di essere diventata a ciò che ero. E sono orgogliosa di me stessa per aver avuto il coraggio di raccontarmi. Sono più stanca, è vero. E forse qualche volta anche un pochino più triste. Ma sicuramente, molto più forte e coraggiosa.
È importante, molto importante, che le mamme nella mia condizione abbiano la forza di seguire le loro sensazioni, anche di fronte all'atteggiamento incredulo, a volte sprezzante di alcuni medici. Molti di loro tendono ad attribuire i problemi dei bambini alle paranoie delle mamme. Nel mio caso si è dimostrato che queste analisi psicologiche da quattro soldi rischiavano di provocare la morte del mio bambino. Se non fosse stato per la mia determinazione e per le mie insistenze, adesso Alex non sarebbe con noi.
Ed è importante, molto importante, che i medici abbiano sempre ben presente che la loro preparazione non può essere totale. C'è sempre qualche malattia che non conoscono, qualche sindrome rara o addirittura nuova, che se presa sotto gamba potrebbe comportare gravi problemi per un paziente che, secondo loro, ha solo il problema di una mamma un po' paranoica. Un po' di umiltà, la capacità di ascoltare e la voglia di studiare e di aggiornarsi possono salvare più di una vita.